mercoledì 20 novembre 2013

Una risata ci seppellirà? Dopo la bufera, un racconto da Taranto

A cura di un compagno tarantino.

Mi hanno chiesto in tanti,nel pieno della bufera provocata dalla pubblicazione dell'audio della telefonata fra Girolamo Archinà e Nichi Vendola da parte del Fatto Quotidiano, quale fosse il mio pensiero e il mio stato d'animo.
Non ho voluto commentare a caldo, perché di fronte a certe vicende è meglio provare a "far sbollire" le emozioni per essere quanto più lucidi possibile nel commento.
Una premessa: trovo il titolo dell'articolo del Fatto molto scorretto e fuorviante,un'operazione dal punto di vista giornalistico deprecabile. Basta ascoltare l'intercettazione per capire che Vendola non stesse ridendo dei morti di tumore. Ma non è questo il punto.
Il punto sta nel fatto che quelle risate fanno a pugni con l'immagine che molti (ed in particolare gli elettori, i militanti,i simpatizzanti di Sel) avevano dei rapporti fra grande industria e Regione Puglia. Un conto infatti è la dialettica fra i rappresentanti istituzionali e lo stabilimento produttivo più grande d'Italia, un altro è la sensazione di eccesso di confidenza che emerge dalla telefonata, tantopiù se consideriamo che spesso dal palco lo stesso Vendola aveva rimarcato in campagna elettorale il suo essere stato sempre "con la schiena dritta" davanti ai Riva.

Quella telefonata non è inopportuna: è sgradevole. Sgradevole perché si ride di un episodio tristissimo, indipendentemente da chi sia Luigi Abbate (poteva essere anche Feltri,per quello che mi riguarda,non sarebbe cambiato nulla). Vendola si è poi scusato e questo non è da tutti visto i tempi che corrono, ma la sensazione spiacevole resta.
Paolo Hutter sul blog del Fatto prova a giustificare la telefonata, dicendo che sostanzialmente "Vendola prende in giro Archinà" e usa quei toni per una sorta di captatio benevolentiae, una mossa di teatro, di diplomazia, per attenuare un conflitto sul piano pubblico e fattuale. E' possibile,l'ho pensato anch'io. Ma il popolo che ha creduto in Vendola, che l'ha sostenuto e votato, non può accettare che anche lui sia vittima di questo sdoppiamento fra "palcoscenico" e "retroscena", tanto più che quella confidenza (vera o falsa che sia) è rivolta al responsabile delle relazioni esterne di una famiglia fra le peggiori che il capitalismo italiano abbia mai espresso (i Riva non sono soltanto degli inquinatori: sono anche quelli che dopo aver comprato per due soldi lo stabilimento hanno messo in campo strategie di mobbing, marginalizzato i sindacalisti scomodi, portato avanti un sistema di gestione feudale della risorse umane - e questo è risaputo da tempo).
Il Presidente della Regione paga insomma,ancora una volta, il fatto che "grandi aspettative generano grandi delusioni". Perché quell'atteggiamento disinvolto al telefono verrà inevitabilmente associato agli errori (veri o presunti) commessi dal punto di vista politico nella gestione di una patata bollente come quella dell'ILVA.
E' quindi questo, il nodo: possiamo dire che in questi 9 anni la Regione abbia fatto tutto quello che era possibile fare per risolvere il dramma di Taranto, senza inciampi, frenate, valutazioni errate? I dispositivi legislativi arrivati dopo 50 anni anni di silenzi e omissioni sono stati passaggi importantissimi, ma allora perché da due anni a questa parte si è consumato un vero e proprio strappo fra molti tarantini ed il Presidente della Regione che pure avevano sostenuto? Siamo sicuri che dal punto di vista comunicativo e della relazione con "la pancia della città" non siano stati commessi errori? 
Dovremmo provare a rispondere a queste domande senza pregiudizi, ed il congresso di SEL serve proprio a questo: lo dico da elettore di quel partito, da ragazzo che a fatto di parte di quelle "Fabbriche di Nichi" che hanno rappresentato una stagione di impegno e di partecipazione importante, finita troppo precocemente. Ora un'altra fabbrica rischia di rappresentare la fine di un'era: non ce ne usciamo con le difese d'ufficio né abbandonando la nave che affonda. Ce ne usciamo se torniamo a ragionare collettivamente su errori,conquiste,punti di avanzamento e passi in dietro di questi anni; se archiviamo la stagione del leader carismatico indipendentemente dalle vicende di questi giorni e ci impegniamo nella costruzione di quel partito di sinistra aperto,plurale,moderno in linea con le ragioni fondanti di SEL.
Per ironia della sorte, in questi gironi difficili la mia posizione personale mi permette di entrare in empatia con più punti di vista: sono tarantino, non posso quindi che avere una sensibilità particolare per le vicende della mia bellissima e sfortunata città. Sono parte di una famiglia che si è dovuta confrontare in questi mesi ben due volte con "il male dei nostri tempi", e non posso che condividere la sete di giustizia di chi si batte per la tutela della salute e per l'accertamento delle responsabilità. Sono un giornalista, non posso che commentare con rammarico i passaggi della telefonata intercettata "sul cronista provocatore da zittire"; ma sono anche parte di una comunità politica chiamata Sinistra Ecologia e Libertà, condividendo con i compagni sfide e momenti difficili (l'inaspettata vittoria del 2005, la disfatta della Sinistra l'Arcobaleno, la ricandidatura a fatica ottenuta nel 2010 dopo il tira-e-molla con D'Alema) e stando paradossalmente controcorrente nel momento di massima espansione (i due anni successivi alla rielezione, mentre quella di Vendola sembrava una scalata possibile alle vette del Potere nazionale - ahimè,temo si stia scontando quell' 'eccesso di euforia').
E allora mettiamo al bando i manicheismi, le verità di parte, le macchine del fango, il servo encomio ed il codardo oltraggio: torniamo a ragionare di politica. Chi ha la passione e la coscienza a posto dalla sua parte non ha paura del confronto e dello scontro dialettico.
Il futuro ci dirà qualcosa in più sui fatti di questi anni e sull'uomo che ha incarnato un'intera stagione, che per chi scrive ha rappresentato per anni un punto di riferimento politico importantissimo: potete capire quanto mi addolori la situazione e il circolo della gogna mediatica in moto da qualche giorno.
Ma ora è il momento di rimboccarsi le maniche e continuare la battaglia: perché i leader,i soggetti politici, i gruppi dirigenti possono passare ma i problemi di Taranto,dell'Italia,dell'Europa rimangono davanti a noi e le speranze di milioni di uomini e di donne che nel mondo non hanno diritti né voce non possono essere deluse.
Altrimenti, davvero, non ci sarà proprio nulla da ridere.

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