martedì 25 febbraio 2014

Una riflessione sul rimpasto di giunta in Toscana - Alberto Bozzi

Dato che il mio partito, Sel, stenta ad assumere pubblicamente una posizione esplicita e netta in merito al recente rimpasto della Giunta regionale della Toscana, mi ritengo in qualche modo legittimato a dire la mia, certo per quello che può valere, senza assegnarle né più nè meno valore di quanto effettivamente abbia. 

La scorsa settimana il Presidente della Giunta regionale Rossi, a poco più di un anno dalla fine della legislatura, ha annunciato il ritiro delle deleghe a due Assessori e alla Vicepresidente della sua Giunta: rispettivamente agli Assessori Allocca e Scaletti e alla Vicepresidente Targetti – i primi due unica espressione in Giunta di Rifondazione comunista e del Nuovo Centro democratico di Tabacci. 
L'operazione è stata svolta in assoluta sordina. Quasi fosse un'operazione di routine. E i toscani per lo più neanche se ne sono accorti. Ma agli osservatori attenti non è sfuggito che l'avvicendamento — quantomeno per quanto riguarda la Vicepresidenza Saccardi e l'Assessore Bobbio alla Formazione e Istruzione – sia avvenuto secondo il principio del 'posizionamento' nella Giunta regionale di sicuri fiduciari del Segretario del Pd e Sindaco di Firenze, nonché neo Presidente del Consiglio, Matteo Renzi. 
Difficile sarebbe stato pensare diversamente, considerato che lo stesso Presidente Rossi si è astenuto dal motivare la sostituzione dei tre con un giudizio negativo sul loro operato. Il risultato conseguito, comunque sia, é consistito in una Giunta regionale sostanzialmente monocolore — a esclusione dell'Assessore Marson, di fatto difficilmente ascrivibile a qualsiasi forza politica, seppur a suo tempo promossa dall'Idv. Giunta regionale monocolore dunque, ma che il Presidente si é subito apprestato a tentare di 'puntellare/coprire' a sinistra. 

Ha subito affermato, infatti, che l’Assessore mancante sarebbe stato individuato tra le personalità autorevoli della "sinistra di governo", ricerca al momento senza esiti positivi. Lo storico dell'arte Montanari, ad esempio, ha solertemente declinato la proposta. E in fondo come biasimarlo: la mutazione genetica della maggioranza che ha sin qui governato la Regione Toscana risulta davvero evidente e significativa. Qui non si tratta tanto di esprimere la solidarietà a questa o a quella forza politica ‘cacciata’ dall’organismo esecutivo di governo della Regione, ma di prendere atto di un rilevante mutamento del quadro politico e della sostanza stessa della maggioranza che amministra la Regione Toscana. 

Espunta definitivamente la sinistra dalla Giunta si è aperta una fase limbica, di cui ovviamente non si conoscono gli obiettivi, se non quello dell'assestamento dei rapporti di potere all'interno del Pd. E nondimeno per questa fase si reclama l'impegno di una "sinistra di governo" — allusione evidente a SEL —, usando un'etichetta che suona stonata, assai simile a "sinistra ammaestrata e non rompicoglioni", il che equivale a dire "subalterna". No, non é davvero affare da poco quanto é avvenuto la scorsa settimana in Toscana. Un consiglio: SEL stia ben attenta e non cadere in situazioni imbarazzanti, in stile “la sventurata rispose”, e si limiti a valutare gli atti e ad approvarli a seconda che li condivida o meno, niente di più, niente di meno. Per la Toscana non si é annunciato nessun cambio di fase, nessun nuovo obiettivo concreto: si é soltanto proceduto a un baratto di nomi e deleghe in piena applicazione del manuale Cencelli. Adesso Renzi ha finalmente una propria sicura 'delegazione di fiduciari' in Giunta regionale, addirittura la Vicepresidente. 

Il Presidente Rossi, dal canto suo, ha probabilmente 'ingoiato il rospo' per garantirsi un altro mandato da Presidente della Regione, scelta assai poco lungimirante, e ancor meno previdente, se traguardata alla luce dello scherzetto appena assestato dal neo Presidente del Consiglio a un altro Enrico, per ironia della sorte anch'egli pisano: Enrico Letta. Ma tant'è e al cuor non si comanda. Se il cuore palpita per il timore la testa finisce per andare in confusione e per incombere in errori madornali. Enrico Rossi é persona assai stimata in Toscana e ce ne sono oggettive ragioni, che derivano dalle sue indubbie e comprovate capacità amministrative, prima da Sindaco di Pontedera, poi da Assessore regionale alla Sanità e infine – anche – da Presidente della Regione Toscana. Rossi avrebbe potuto contrapporsi energicamente, con una relativa tranquillità, e soprattutto con discrete probabilità di successo, al diktat del suo Segretario – diktat o ‘accordicchio’ che sia, poco cambia. Un politico di razza, autorevole e competente, qual é senz’altro Rossi, avrebbe potuto, una volta ricevuta la 'richiesta' da Renzi, presentare ai toscani la realtà dei fatti. Comunicare loro la propria indisponibilità a simili giochi di palazzo, che poi sono giochi di potere. 

Difendere il buon lavoro della sua Giunta e di tutti i suoi componenti, e infine, rimandare al mittente la 'richiesta’ con una significativa e puntuale postilla: se si intendesse proseguire su questa strada, sul tavolo c'è il mandato di Presidente. Con ciò Rossi non sarebbe affatto uscito di scena, al contrario, avrebbe rafforzato la propria autorevolezza e il proprio consenso. Su queste fondamenta avrebbe potuto ripresentare in maniera ancor più solida la propria candidatura in eventuali conseguenti primarie per ricevere di nuovo l'investitura con l’obiettivo di un nuovo e rigenerato centro-sinistra. 

Avrebbe potuto farcela assurgendo al ruolo di antidoto vincente contro la politica che incarna e agisce Matteo Renzi, costituendo uno spiraglio a livello nazionale per la ricostruzione di un nuovo e rigenerato centro-sinistra – ripeto. Ha scelto invece un'altra strada, meno nobile e in fondo, a mio avviso, più impervia e imprudente perché esposta al rischio del non rispetto degli accordi. 
Se gli accordi non venissero rispettati, come peraltro si è già visto verificarsi in questi giorni, sappia il Presidente Rossi che il suo appeal agli occhi dei toscani é oggi sicuramente assai meno solido. E a me non resta che dirmi profondamente deluso per il suo comportamento.

Alberto Bozzi

venerdì 14 febbraio 2014

Europa 2014: la terra trema.

La terra trema. Non è il film di Luchino Visconti, ma la realtà quotidiana del nostro Paese. La terra trema per la rabbia sociale crescente. La terra trema perché di fronte alla richiesta incessante di chi si sente oggi più debole si risponde con l'attenzione della politica agli equilibrismi di Palazzo. La sinistra sorta dalle ceneri dei congressi persi dopo la  disfatta del 2008 è oggi presente nel parlamento, negli enti locali. Porta in dote esperienze di buona amministrazione, esperimenti di alternativa governante. Porta con sé alcune tare da scontare: la voglia di sopravvivere di un certo ceto politico, la tendenza a dileguarsi. Tuttavia, questa sinistra di governo del cambiamento è ancora in campo.

Se vuole consegnare un futuro carico di speranza, deve adempiere con pienezza al ruolo di lievito della sinistra sociale. Di quei pezzi che vanno ricomposti,  di quelle energie sane e positive esterne ai partiti che, tuttavia, hanno la consapevolezza del ruolo di queste organizzazioni e non ricorrono allo snobismo o ai cenacoli filosofici per imporre la propria attenzione.

I rischi connessi all'operazione della lista unitaria di Altra Europa per Alexis Tsipras sono alti e abbiamo imparato a conoscerli: recrudescenza di nicchie identitarie sventolate con rancore verso chi ha provato la strada del governo, ostruzionismo silenzioso di chi non ha neanche l'intenzione di porsi a un tavolo per chiedere di aprire le porte e fare entrare aria fresca. Non l'aria putrida dei giovanilismi, di una supposta "società civile", ma le ansie e le speranze di coloro che hanno combattuto e combattono per un cambiamento reale.
Senza mai stancarsi di dialogare e confrontarsi. Scegliendo le pratiche che uniscono, scorporando e distruggendo quelle che dividono.

Nella nostra città, a Pisa, le molte sinistre per cui le Europee rappresentano un'ultima possibile opportunità costituente portano i nomi dei molteplici astenuti, degli iscritti e simpatizzanti di Sinistra Ecologia e Libertà, dei membri di Una Città in Comune - PRC, delle associazioni culturali e impegnate nel sociale come nelle lotte per uno sviluppo ecosostenibile e per i beni comuni, degli studenti medi e universitari che hanno animato con costanza e raziocinio il fantastico ciclo di lotte del 2008-2011. Tanti sono i limiti, ma tante pure le potenzialità. Non nascondiamo con ipocrisia le differenze, ma auspichiamo un salto di qualità nella riflessione politica.
Le elezioni europee e la prospettiva di lista unitaria per Tsipras offrono uno spazio di agibilità che può esprimere un avanzamento condiviso.

Se ci sarà condivisione delle pratiche operative di minima, delle forme di coinvolgimento e partecipazione dei cittadini, della piattaforma programmatica da elaborare insieme.
Se sarà solo l'ennesima rivalsa fra gruppi di persone o se metteremo solo la polvere sotto il tappeto per il tempo da qui a maggio, avremo perso in partenza e sarebbe onesto saltare un giro. Ma l'occasione è importante e può costituire uno snodo storico.

Per far questo, è essenziale che forze politiche, energie sociali e soggettività in fermento si parlino, espongano un progetto condiviso in ogni quartiere.
È compito di chi vive l'esperienza di SEL far sì che di questa partita la nostra comunità sia vera protagonista: forte nelle proposte e nel contenuto, radicale nella prospettiva di cambiamento, propositiva e innovativa nelle pratiche. Ha questo senso, per noi, l'ordine del giorno congressuale che dichiara la prospettiva del socialismo europeo attraverso il sostegno alla candidatura di Alexis Tsipras.  

Ci mettiamo a disposizione di questa discussione anzitutto nella nostra comunità politica, perché si faccia foriera di questo bisogno in ogni luogo e in ogni momento di qui al 25 maggio. Invitiamo tutte e tutti coloro che hanno a cuore i medesimi intenti di mobilitarsi e far sì che, nei propri luoghi e a seconda del proprio contesto, questa prospettiva sia resa praticabile della lista di Altra Europa, potenziale nucleo costituente di un vasto campo di forze capaci di immaginare e concretare l'alternativa governante.