giovedì 31 ottobre 2013

SEL Pisa: un tavolo di confronto per l'ex-colorificio


SEL Pisa ha sostenuto e sostiene l’esperienza di Rebeldia / Municipio dei Beni Comuni adesso colpita dallo sgombero. Riteniamo che per lo spessore dell’esperienza, per la ricaduta positiva sulle componenti sociali, per i riconoscimenti ricevuti anche in sede europea, tale esperienza debba continuare.

Proponiamo alle forze politiche tutte e alle altre forze politiche di governo della città una vera apertura di dialogo - fino a questo momento formale – secondo le indicazioni dello stesso Consiglio Comunale. Il nostro impegno dentro la maggioranza e la Giunta è rivolto in questa direzione e nella stessa direzione si muove sia il Circolo di Pisa che i nostri parlamentari e il partito tutto.

La temporanea occupazione della Mattonaia riteniamo non metta in alcun modo a repentaglio l’uso pubblico di quell’edificio e anzi promuova forme, a cui aderiamo, di pulizia e di recupero rispetto all’attuale situazione di non uso e degrado. Peraltro riteniamo che, se andasse deserta anche la prossima asta, tale edificio vada completato e assegnato tramite graduatoria dell’edilizia residenziale a famiglie bisognose di alloggio.

E’ necessario urgentemente istituire un tavolo - promosso dall’amministrazione - a cui partecipi anche la proprietà assente adesso come in passato, che ha chiuso e abbandonato al degrado il Colorificio, precisando che non sarà possibile accettare una Variante speculativa dell’area, ma che l’unica prospettiva possa essere, secondo noi, una “urbanistica partecipata”, che metta al primo posto le esigenze della città, della proprietà sia pure assenteista, ma anche delle associazioni che hanno promosso l’occupazione e delle altre associazioni tutte.

La manifestazione del 16 novembre prossimo, che mette al centro la continuazione dell’esperienza del Colorificio, potrà essere ancora una occasione importante.

SEL Pisa Città

domenica 27 ottobre 2013

Colori e coraggio


Mutare un lamento in danza.
È stato questo, in pochissime parole, il contenuto del 26 ottobre.

Lo sgombero dell'ex Colorificio Toscano, a Pisa, è stato il progressivo presentarsi delle attività del Municipio dei Beni Comuni alla città e, attraverso la cronaca sul web a cura di Radio Roarr, alle associazioni e movimenti del Paese. Un lungo racconto iniziato alle otto e mezza del mattino, con l'arrivo delle forze dell'ordine all'ingresso della struttura.
All'interno dei 14mila e più metri quadri di sito produttivo lasciato al degrado da parte dell'azienda proprietaria, duecento attivisti erano impegnati nelle attività del Municipio. Dalla sala studio alla scuola d'italiano per stranieri di Africa Insieme. Dalla web radio alle lezioni di Giorgio Gallo e Mauro Stampacchia, docenti universitari. Dalla palestra d'arrampicata ai corsi di danza.
La forza gentile di queste associazioni è stata la capacità di barricare le attività all'interno del sito e, proprio attraverso uno sgombero trasformato in una intelligente scena politica, proiettarle negli occhi e nelle menti della città. Per far capire che possono essere interrotte le attività, ma che “le idee non si sgomberano”. Gli studenti di Sinistra Per... e di Officina – Unione degli Studenti hanno portato il contributo degli universitari e dei medi. Come sempre un contenuto importante, inclusivo, razionale.
Sul posto c'erano i consiglieri comunali di Una Città in Comune e di Sinistra Ecologia e Libertà, attraverso la capogruppo Simonetta Ghezzani. L'opposizione politica all'amministrazione cittadina e il mio partito, al governo della città a seguito delle ultime elezioni amministrative.

A seguire la vicenda, associazioni e movimenti di tutta Italia, la fondazione Cercare Ancora di Fausto Bertinotti e Alfonso Gianni (che ha rivolto al Municipio un messaggio di saluto), il deputato di SEL Nicola Fratoianni, che proprio qui aveva condotto una recente visita degli eletti di SEL delle istituzioni dei Comuni d'area pisana e della Provincia. Nicola Fratoianni ha insistito sulla necessità di un tavolo politico in cui l'amministrazione comunale giocasse una partita nuova. Nella convinzione che, come riportato dalla mozione approvata dal Consiglio Comunale di Pisa in aprile, “riconosciuto l'elevato valore sociale delle attività svolte da cittadini e associazioni [..] il Consiglio Comunale impegna il Sindaco e la Giunta comunale a ricorrere anch'essi a tutti gli strumenti a loro disposizione per evitare uno sgombero coatto dell'ex "Colorificio Toscano", facendosi promotori di ogni iniziativa possibile che permetta di arrivare a una soluzione pacifica e di favorire un dialogo costruttivo tra le associazioni e la proprietà al fine del raggiungimento di un'intesa fra loro, nel pieno rispetto della legalità e dei valori sociali espressi dalle attività delle associazioni stesse.”

Il punto del rispetto della legalità è stato il cardine del durissimo intervento del sindaco Marco Filippeschi, nel corso della mattinata del 26 ottobre. Oltre a dichiarare che il Sindaco e la Giunta non potevano essere considerati responsabili dello sgombero, si dice che l'amministrazione “ha cercato e cercherà di creare un confronto fra le associazioni e la proprietà privata interessata, in condizioni che garantiscano il rispetto della legalità.”

Chi occupa nuoce al rispetto della legalità? Gli studenti che nel 2010 avevano bloccato tutte le facoltà dell'Ateneo, per intere settimane nel corso della discussione della Legge di riforma del sistema universitario, hanno ottenuto la piena solidarietà del Consiglio Comunale, l'attestazione di stima e vicinanza da parte del Sindaco, l'interlocuzione piena e sincera delle istituzioni accademiche. Occupare, dunque, nuoce in toto al rispetto della legalità? Segnalare le numerose case sfitte e disabitate, come hanno fatto i movimenti sociali di questa città, nuoce al rispetto della legalità?

L'occupazione è senza dubbio una pratica al limite di qualsiasi idea di legalità. C'è di peggio, tuttavia. È la povertà di un dibattito politico in cui l'occupazione degli spazi sfitti viene paragonata a un furto. Come se la proprietà, privata o pubblica, fosse un elemento intangibile, che la politica non deve porre in esame a seconda dell'uso che ne viene fatto o della funzione cui è ricondotta. Da qui il forte appello di costituzionalisti (in testa Paolo Maddalena e Stefano Rodotà), singoli e associazioni affinché, pur nel rispetto della sentenza ormai pronunciata, ci fosse un avanzamento di riflessione e uno scatto di coraggio da parte della politica nell'applicare in maniera forte l'articolo 42, relativamente alla funzione sociale della proprietà.

In modo molto semplicistico, si potrebbe replicare: non è affare dell'amministrazione comunale. È una vicenda di ordine pubblico, da gestire solo attraverso la questura. C'è da domandarsi, allora, quale sia il ruolo della politica. Quello di osare e inventare strade nuove, per governare il cambiamento, oppure quello di attenersi alla referenza notarile della giurisprudenza?

Sinistra Ecologia e Libertà, nella stessa giornata del 26 ottobre, ha compiuto un avanzamento. Nel consiglio del Primo Municipio di Roma Capitale, attraverso l'azione dei nostri compagni nelle istituzioni, è stato bloccato il tentativo della destra e del Movimento 5 Stelle di chiedere lo sgombero del Teatro Valle, occupato ormai da anni e oggetto di una grande vertenza di rilievo nazionale, come l'ex Colorificio. Un atto del consiglio del Municipio ha determinato la valorizzazione e il rilancio del sito, nell'ottica di una più vasta produzione culturale.

"Riteniamo", aggiungono Jacopo Maria Argilli, Graziella Manca e Mauro Cioffari (SEL Roma Capitale – 1° Municipio) "che l’attività svolta fin ad ora all’interno della struttura, vista la grandissima partecipazione di moltissimi esponenti del mondo della cultura, che ha portato la struttura a vincere il premio internazionale per la partecipazione attiva Princess Margriet Award della European Cultural Foundation (2013), vada tenuta in considerazione per il futuro del Teatro Valle stesso".

Toh, quell'Europa che invita l'ex Colorificio a raccontare la sua esperienza.

Sinistra Ecologia e Libertà di Pisa Città oggi ha seguito con attenzione ogni momento dello sgombero. Ha preso parte, attraverso i suoi militanti, al presidio esterno alla struttura. Era in piazza XX settembre, nel momento culminante della giornata, dopo otto lunghe ore di fuoriuscita degli attivisti. Non ci interessa piazzare una bandierina. “Esserci” non significa presenziare, annuire. In maniera estremistica: è una presenza anche inutile, contraddittoria e fuorviante, se non è accompagnata dallo studio di una o più alternative coraggiose, oltre che dalla positura di elementi politici forti nel dibattito pubblico.

Per realizzare una autentica trattativa politica è, tuttavia, necessaria la presenza e la riflessione della Giunta. Perché “il Comune di Pisa è responsabile dello sgombero”? Perché non siamo capaci di distinguere i ruoli delle istituzioni e ricadiamo nell'errore tipico dei minoritari e degli ideologici, ossia la tuttologia? No.

Perché intendiamo affermare la necessità di una destinazione condivisa di quel bene. Perché intendiamo costruire un concreto percorso di partecipazione delle associazioni del Municipio e, in prospettiva, di tutte le associazioni e i movimenti interessati a sviluppare attività in uno spazio sfitto. Perché, per attivare uno spazio sfitto da anni, può essere utile lo strumento dell'assegnazione diretta, sia pure temporanea, specie se si tratta di uno spazio di proprietà dell'amministrazione pubblica. Perché, anche se non si fosse interessati allo strumento dell'esproprio, è fondamentale una trattativa a un tavolo unico fra proprietà e movimenti. Perché questa vicenda non è una storia di ordine pubblico, malgrado la presenza intelligente della Questura e delle forze dell'ordine: questi non possono sostituirsi alle istituzioni e alla politica. Perché le istituzioni non possono barricarsi nel silenzio. Neanche se i membri di tali istituzioni hanno in tasca la tessera del mio partito. Perché fare politica è un atto di coraggio e, qualora non s'intendano assumere atteggiamenti conseguenti rispetto alla mozione del consiglio comunale, sarebbe più corretto dichiarare pubblicamente il discostarsi da quell'atto politico.

Sinistra Ecologia e Libertà, attraverso i suoi amministratori locali in tutta Italia, è impegnata ogni giorno sul campo degli spazi sociali, dell'allocazione delle aree sfitte, della destinazione a fini sociali, della risoluzione delle controversie in situazioni di occupazione. Sinistra Ecologia e Libertà, nemica delle grande intese che tengono in ostaggio il Paese, è al governo in grandi e piccole città d'Italia. Pisa, da giugno, è una di queste. Al governo per una svolta a sinistra, non per aggregare un contrassegno elettorale.

A questa responsabilità di governo non bisogna accompagnare solo i comunicati di solidarietà. Né tanto meno l'abiura dell'osare, nel nome dei veti, delle paure. Perché siamo morti di tatticismo se perdiamo il coraggio di usare le parole della verità e la voglia di trattare, anche a muso duro, anche con pubblica sfacciataggine, le migliori condizioni per l'azione di governo. Perché rischiamo di restare incastrati fra l'intransigenza di chi non aspetta altro che metterci alla berlina per dichiarare il nostro tradimento e il veto di chi si fa scudo del Palazzo per nascondere una politica pavida e incapace di confrontarsi con istanze positive e propositive.

Ad esprimere un profondo e condivisibile disagio è Stefano Fabbri, coordinatore del comitato “Pisa per Civati”, candidato alla segreteria federale del PD. “Sono angosciato perché nella vicenda dell'ex Colorificio la politica tutta ha una grande responsabilità, quella di non aver saputo cogliere il senso di socialità diffusa che proviene da quell'esperienza, ed ha abdicato al suo ruolo, rinunciano proprio a quel coraggio di cui invece abbiamo tutti bisogno: il coraggio della testimonianza e della scelta. Si poteva evitare tutto questo pur in un quadro di grande complessità che garantisse tutti gli attori coinvolti?”

Non è accettabile che un Sindaco dichiari, a nome della propria Giunta, un pubblico disinteresse per la vicenda. Non è accettabile il trincerarsi dietro formule di ossequio della legalità cui non si accompagnano gesti di vicinanza, cui non conseguono atti di interlocuzione. Non è accettabile abdicare al coraggio delle scelte, aspettando l'ultimo minuto utile per dire qualche mezza frase con cui ritenere espletato il proprio dovere nei confronti del “compagnòmetro”.

Mutare un lamento in danza. Parafrasando il salmo 30 dell'Antico Testamento, è stata questa la grande capacità dei movimenti, il 26 ottobre. Non rinchiudersi nella spirale dell'opposizione fine a se stessa, ma provare ad allargare, a sfidare in senso positivo. Memori dei lunghi anni d'azione collettiva in cui, con piacere e voglia di promuovere l'allora progetto Rebeldia, più di cinquemila persone invasero pacificamente le strade di Pisa. Perché una città che vuole vivere deve curare bene i suoi polmoni; fra questi, in particolare, gli spazi sociali.


Ho sempre rispettato chi sceglieva la via dei movimenti, dell'attivismo associativo, delle pratiche di mutualismo più colorate e anticonvenzionali. Non appartiene al mio modo di fare, ma lo rispetto e lo osservo ogni volta, per imparare qualcosa di buono. Ho creduto e credo, fra i sempre meno under 30 che frequentano una sezione di partito, che l'appartenenza a una comunità politica organizzata e generalista abbia ancora senso, se supportata da tre elementi: metodo di studio, cultura d'organizzazione, cultura di governo. Cosa facciamo, dunque, per praticare nel cambiamento questa cultura di governo, facendo sì che le nostre parole non siano “come un bronzo che risuona o un cembalo che tintinna”? Rispondiamo a questa domanda. 

Ettore Bucci

venerdì 25 ottobre 2013

Intervento all'assemblea nazionale di Marcello Buiatti

In tempi ormai veramente molto antichi, prima ancora della caduta del muro di Berlino e della modificazione dei Partiti comunisti europei, si discuteva accesamente sulla importanza da dare rispettivamente ai “processi strutturali” e a quelli “sovrastrutturali”- Per strutturali si intendevano i processi economici che allora erano tutti quelli della economia reale e cioè della produzione, acquisto e vendita, di beni e servizi. Vigeva ancora allora in gran parte la legge della domanda e della offerta che permetteva equilibri almeno teoricamente stabili della economia. Processi sovrastrutturali invece venivano considerati quelli che avevano a che fare con gli stati e i bisogni non solo materiali, degli individui e delle loro aggregazioni nei diversi livelli di organizzazione delle società. I Partiti comunisti allora sbagliavano a sottovalutare i sentimenti delle singole persone da sole o aggregate, dimenticando anche una parte del pensiero marxiano e in particolare i manoscritti del 1844, e provocando errori di cui sentiamo ancora fortemente le conseguenze. Io sono da sempre convinto che noi esseri umani dobbiamo tenere conto non solo dei fatti “obiettivi” delle economie, adesso loro stesse in gran parte “sovrastrutturali” e cioè staccate dalla materia vivente e non vivente, perché le politiche hanno a che fare con uomini e donne reali e dei loro pensieri oggettivi ma anche soggettivi. E’ proprio guardando ai comportamenti individuali e collettivi degli italiani e non solo di questi che io ho visto negli ultimi anni un rapido aumento della sofferenza , del dolore, della rabbia individuali, tutti sentimenti adesso molto più forti persino in certi casi di quelli del dopoguerra e dei periodi in cui la situazione materiale degli italiani era pure infinitamente peggiore di quella di ora. Sento infatti intorno a me ventate di forte dolore individuale, di difficoltà di comunicazione, di ricerca inutile di evasione dalla incertezza e dal dolore con medicine di vario genere e anche con droghe, inesistenti nei tempi antichi di cui parlavo e ormai invece usate da una vasta parte delle nostre comunità umane. Non solo da essere umano ma da biologo, è questo che mi spaventa più ancora dei problemi materiali giganteschi posti dalla economia finanziaria e quindi virtuale che ormai è ben il 92% della circolazione mondiale di moneta. So infatti dalla mia area scientifica, che i nostri pensieri e sentimenti si formano nei nostri cervelli, giganteschi computer auto-organizzati che contano cento miliardi di neuroni capaci di combinarsi in un milione di miliardi di diverse connessioni e formare così un numero incredibile di pensieri diversi. Questa è una caratteristica solo umana, ma quello che la gente generalmente non sa è che le unioni fra neuroni che ci permettono di pensare, le cosiddette “sinapsi”, sono in grandissima parte frutto delle interazioni fra individui che materialmente le modificano in ogni momento delle nostre vite. In particolare sappiamo bene che alla nascita le sinapsi sono disposte in modo “quasi casuale” e si organizzano poi nei primi 3-4 anni di vita sulla base dei segnali che i bambini ricevono dagli altri esseri umani. E’ per questo che bambini allevati da altri animali sono sempre handicappati proprio perché non recepiscono correttamente i segnali che arrivano da lupi, leoni ecc. La presenza di sinapsi correttamente ordinate è la base fondamentale del bene-essere individuale che è quindi direttamente collegata con i rapporti fra persone. Come diceva il grande filosofo Hans Jonas gli esseri umani si distinguono dagli altri animali perché sono capaci di “immaginare” e cioè di organizzare le proprie sinapsi in modo da “inventare” oggetti anche inesistenti nella realtà, come si vede anche dalle pitture rupestri che però possono diventare progetti  e strumenti umani se le “immagini” vengono “proiettate” sulla materia esterna. E’ per questo che gli umani hanno una strategia di adattamento dal contorno sempre cangiante, che è diversa da quelle di tutti gli altri esseri viventi nel senso che sono capaci di cambiare attivamente e positivamente gli ambienti invece di essere selezionati in modo passivo dal contesto sulla base della variabilità genetica che non a caso in noi è pochissima. Fondamentale per poter usufruire di questa capacità di variabilità “mentale” è lo scambio di informazioni fra umani, reso possibile solo a noi da alcuni geni che ci hanno permesso di articolare e ricevere, in modo incredibilmente superiore a quanto possono fare altri animali, i segnali dei nostri simili e quindi accumulare moltissima informazione necessaria per il nostro adattamento vitale. E’ quindi lo  scambio di informazione fra individui diversi che ci rende umani e ha un ruolo importantissimo per le nostre vite e per la nostra felicità. Non è per caso infatti che le persone che venivano chiuse nei manicomi prima della legge 180 costruita dal movimento di Psichiatria democratica con cui interagisco da molto tempo, non solo non stavano bene ma, visto che il cervello comanda non solo il pensiero ma anche la materia umana in genere, si ammalavano e morivano molto precocemente. Ora, se vediamo il nostro Paese, ma anche tutto il Mondo umano attuale ci è facilmente chiaro che sta passando un periodo di sofferenza crescente non solo per i problemi materiali che tanti devono affrontare, ma soprattutto per la frammentazione dolorosa fra umani e per un letale e continuo processo di distacco dalle nostre vite reali fatte di materia ma anche e molto, di connessioni fra individui nei popoli e fra popoli in quanto tali. E’ questa una delle ragioni di base del fatto che in questo momento storico abbiamo un numero incredibile di guerre in grandissima parte interne agli Stati e derivanti da lotte fratricide, sulla base non più solo di differenze economiche che pure pesano terribilmente, ma di pensieri dogmatici poco o per niente legati alla realtà materiale. Non è a caso che le guerre in atto sono fondate praticamente tutte su differenze “immateriali” di religioni o di “razza”, nonostante che questo ultimo concetto non abbia senso biologico per gli umani che, come dicevo prima, hanno pochissima variabilità genetica quasi completamente uguale in tutte le etnie che popolano il Pianeta. In Italia le cose non sono diverse da quanto avviene nel resto del Mondo, tanto che il nostro popolo non è più tale nel senso che non ha più una identità fondata come quella di tutte le nazioni sulla propria storia, i propri pensieri collettivi, il proprio ruolo nel Mondo. Quello che sta avvenendo anche in noi è invece un aumento continuo di irritabilità individuale, un senso forte e terribile di insicurezza, il tentativo sempre più frequente di sopravvivenza individuale anche a scapito degli altri, la distruzione continua dei luoghi di aggregazione, la corsa alla individuazione di nemici spesso virtuali o inventati, la ricerca, come è successo in altri tremendi periodi, di uno o più “salvatori” che ci levino dalla melma di dolore in cui ci troviamo, togliendoci la responsabilità, la lotta contro qualsiasi tentativo di rafforzamento di leggi comuni ed accettate e quindi della democrazia. Così, in politica il nemico è diventato una parola, la “casta” che viene identificata nei “politici” includendo in questi le persone , elette, che stanno in Parlamento o che dirigono città, province, regioni, e i “Partiti” , senza alcuna distinzione né tantomeno specificazione provata delle colpe. Secondo un numero incredibile di italiani sono i “politici” che rovinano il Paese, rubano soldi, distruggono mentre quelli che si considerano “non politici” si ribellano a prescindere dal loro reale stato economico, con il risultato deprecabile che scompaiono concetti come la divisione fra sfruttati e sfruttatori, fra padroni e lavoratori, fra speculatori, finanzieri, e poveri, fra ladri e derubati, fra onesti e disonesti, fra chi paga e non paga le tasse, ecc. e resta solo una rabbia pericolosa anche in quanto non diretta verso obiettivi specifici. In questo quadro gli “innocenti” diventano proprio quelli che hanno iniziato lo spostamento dalla economia reale a quella virtuale di cui parlerò in seguito ed è la causa principale del degrado e cioé i famosi “imprenditori italiani” che vengono considerati come le sole persone che possono salvare l’Italia e che io chiamo ancora “padroni” come ha fatto Enrico Rossi, governatore della Toscana immediatamente redarguito pesantemente dai giornali. E’ stato infatti il grande Agnelli che ha intimato a Romiti di vendere i brevetti ottenuti dai 2000 bravissimi ricercatori della FIAT alle imprese estere competitive come la Volkswagen per investire nella finanza, distruggendo così in un colpo solo il grande spazio di mercato che aveva la FIAT e sperperando la enorme quantità di danaro pubblico di cui si era appropriato. Il Movimento 5 stelle è il portavoce più urlante di tutto questo modo di pensare ormai entrato nel patrimonio culturale del Paese anche se il Partito di Grillo  è in parlamento e fa quindi ufficialmente parte della stessa “casta” che dice di voler combattere. In questo quadro, con la spinta determinante di Berlusconi ma non solo, i comportamenti degli italiani sono profondamente cambiati, si frammentano e rompono le connessioni fra gli italiani, aumentano le rabbie individuali, il disprezzo per le regole, la voglia di sfoghi anche violenti in particolare verso i cosiddetti diversi come i neri e in genere i migranti, gli ebrei ( secondo il Parlamento ci sono in Italia 2000 siti antisemiti) i gay, i cosiddetti folli e gli handicappati e anche le donne che si vedono distruggere parte delle vittorie ottenute a cavallo degli anni “70 del secolo scorso e si trovano di fronte alla rinnovata tragica violenza dei femminicidi che ricorda quelli che tanto tempo fa venivano chiamati delitti d’onore ben descritti nell’allora famoso film “divorzio all’italiana”. Contemporaneamente si avvertono un attacco generalizzato al sapere che conta sempre di meno perché “ non rende soldi” e la attiva distruzione di una nostra identità di popolo forte e ricchissima di storia fin da molto prima della unità nazionale del nostro Paese. Sta di fatto avvenendo qualcosa di simile a quanto è successo in altri momenti di crisi e ha portato alla ricerca del colpevole del disastro, ovviamente “diverso” o facente attiva parte del sistema democratico e costituzionale, e di un qualche “capo” che ci levi dalla responsabilità del nostro futuro. Non a caso il Prof. Prosperi dice che gli italiani sono e saranno succubi di almeno tre “comici” e cioè teatranti, Silvio Berlusconi, Beppe Grillo e Matteo Renzi, che poi sono, anche se in modo diverso, tutti cause portanti del nostro degrado complessivo. La ragione di tutto questo è una progressiva “virtualizzazione “ delle vite che ha radici mondiali e una sua attuazione italiana con caratteristiche solo parzialmente autonome. Il problema mondiale sta nella tragica modificazione e distruzione della economia mondiale che non è più coerente con il significato del termine ( economia=oikos+nomos= legge umana dell’ambiente e cioè modificazione del contesto materiale ai fini di una vita umana migliore). Sappiamo infatti che in questo momento la economia reale, quella basata sulla produzione, acquisto e vendita di strumenti utili per la sopravvivenza, copre poco più dell’otto per cento del movimento di moneta del nostro Pianeta ed è ancora mantenuta almeno in teoria nell’equilibrio dinamico derivato dalla legge della domanda e dell’offerta. Il resto e cioè il 92% consiste invece nell’acquisto e nella vendita di moneta in gran parte effettuata online, del tutto indipendente dal lavoro, dalla produzione, dai desideri di compratori e dai vantaggi derivanti dall’acquisto. Sono ormai pochissime le persone che dirigono la danza di questo tipo di economia ( il numero si aggira su 150 individui secondo le stime) e fanno il buono e cattivo tempo delle vite umane individuali e collettive. La economia del nostro tempo quindi prescinde completamente dalla vita e dalla produzione, acquisto e vendita di beni ma determina il presente ed il futuro delle economie reali, quelle che definiscono i margini del lavoro, della produzione di beni e quindi delle vite delle persone reali, quelle di carne e sangue che nascono, vivono e muoiono. Noi che viviamo in un Paese debole sia dal punto di vista economico che da quello politico, risentiamo pesantemente di questa situazione e siamo costretti a una continua fibrillazione dovuta ai giornalieri bollettini delle borse internazionali e alle indicazione della famigerate agenzie di rating che ci spaventano senza che possiamo incidere in alcun modo sul nostro futuro personale e collettivo. Da qui l’aumento della insicurezza, della sensazione di irrealtà della vita reale, della rabbia e del rancore verso ignoti lontani e irraggiungibili che scarichiamo come ho detto precedentemente su obiettivi evanescenti come la “casta”, la “politica”, i “ladri”, “quelli là che rubano” ma anche “gli stranieri” e “i diversi”, tutti difficilmente definibili nel concreto, difficilmente raggiungibili e comunque intrinsecamente inutili perché incapaci di incidere sulla struttura mondializzata delle economie. In Italia fino ad ora non pare che ci sia stato nessun atto diretto alla riduzione della economia virtuale e alla ricostruzione di quella classica , produttrice di lavoro e di beni utili alle vite. Su questo ha lavorato meravigliosamente Berlusconi che non ha mai prodotto niente di materiale ma nasce con le ruberie finanziarie e continua su queste affidando a Brunetta e ai suoi simili il compito di far credere alla gente che la economia non solo sia, ma debba essere virtuale, diretta dai nostri innumerevoli ladri locali, e modificabile soltanto sul piano monetario giocando sulle tasse ed evitando di incidere in modo positivo sulla produzione e quindi sul lavoro retribuito. La virtualizzazione delle nostre vite ha inciso molto pesantemente sul nostro pensiero e sulla nostra scala di valori. In particolare ne hanno sofferto e ne soffrono la conoscenza e i saperi che vengono considerato ufficialmente inutili e anzi dannosi perché non producono immediatamente moneta. Così sono state distrutte le scuole e le Università lasciando il Paese incapace di rientrare nella fascia di competitività del mercato reale con le innovazioni di processo e di prodotto che sono l’unico modo per far rinascere il lavoro e la produzione di beni da usare noi e da immettere positivamente sui mercati internazionali. Purtroppo la fola della inutilità del pensiero è penetrata nelle persone che ormai disertano quando possono il luoghi del sapere considerandoli inutili, noiosi e da eliminare perché “non rendono”. Con le scuole si chiudono o si abbandonano i musei e i teatri perdendo così fette delle nostre entrate basate sulla storia immensa di un popolo come il nostro ammirata da tutti meno che da noi stessi. Di tutto questo e della mefitica e però furbescamente intelligente capacità di distruzione di Berlusconi ho avuto prova personale quando mi sono accorto che i miei allievi diventavano molto più attenti e smaniosi di sapere e fare nei due casi in cui Prodi ha battuto Berlusconi. Purtroppo questo ritorno di interesse per l’uso del cervello è poi scomparso dopo le successive vittorie dello stesso Berlusconi e adesso si è infiltrato in quasi tutti i raggruppamenti politici. Non a caso Matteo Renzi, un altro teatrante e purtroppo possibile segretario futuro del PD, ha cercato di licenziare la orchestra del Maggio fiorentino salvata appena in tempo dal ministro Bray di SEL e ha invece offerto un pranzo sul Ponte Vecchio di Firenze a Montezemolo e ai suoi amici imprenditori e in quanto tali “santi” della vita virtuale come del resto Marchionne anche lui amico del teatrante fiorentino. Questo , molto sommariamente, un tentativo di quadro dello “stato di cose esistente” da cambiare marxianamente con tutte le nostre forze. La battaglia sarà difficile ma si possono indicare alcune aree di intervento capaci almeno di alleviare il dolore individuale e collettivo derivante dalla virtualizzazione e apparente inutilità delle nostre vite:
a) Bisogna innanzitutto cominciare a dire che “il re è nudo” e cioè spiegare quando e come si può le ragioni fondamentali della nostra crisi economica ma direi anche profondamente morale che sta distruggendo i nostri cervelli e le nostre vite.
b) Difendere strenuamente la nostra Costituzione che pone una serie di paletti alle azioni dei singoli e a quelle della collettività che possono, se veramente attuate, “contenere” in senso psichiatrico i pensieri delle persone e farli ritornare alla realtà vera delle vite.
c) Difendere contemporaneamente la democrazia nella unica forma in cui si è organizzata in tutta la storia umana e cioè con il sistema parlamentare ed elettivo naturalmente modificando la legge elettorale ma eliminando ogni tentativo anche di Grillo della elezione per acclamazione in rete o fuori della rete che sia.
d) Difendere l’etica dei comportamenti degli individui verso la collettività a cominciare dalla lotta alla evasione fiscale spiegando con chiarezza l’importanza del contributo dei cittadini alla collettività senza il quale i servizi per tutti scomparirebbero.
e) Valorizzare i saperi investendo in essi e ricostruendo le scuole , le Università e la ricerca senza le quali la nostra competitività sul mercato reale scomparirebbe.
f) Impedire che il finanziamento pubblico vada alle imprese senza alcun controllo , erogandolo solo su progetti controllati dallo Stato in cui sia obbligatoria la spesa per la occupazione e la retribuzione dei lavoratori.
g) Rendere difficile la vita alla economia virtuale alzando opportunamente le tasse del tipo Tobin tax come deterrenti e invece aumentando il finanziamento alle imprese produttive sempre come dicevo su progetti ben definiti e controllabili
h)  Riprendere la manutenzione del Paese per impedire le catastrofi naturali sempre più frequenti per il cambiamento climatico e facilitare la ripresa della produzione ad esempio diminuendo le spese di trasporto, riducendo lo spreco dell’aria, dell’acqua della energia, del suolo produttore di cibo e di vita ecc.
i) Aumentare la azione attiva del pubblico rendendolo più efficiente ma anche rifinanziandolo e combattendo a livello internazionale la imprevedibilità della economia virtuale
j) Riformare non necessariamente la magistratura che deve essere solo messa in condizioni materiali di lavoro plausibili ma una serie di leggi ingiuste fra cui la Bossi-Fini, quelle sulla cittadinanza  ecc-

Questi naturalmente sono solo alcuni dei tanti obiettivi su cui lavorare che però non sarebbero davvero sufficienti senza una vera campagna di de-berlusconizzazione a prescindere anche da Berlusconi che riorganizzasse la scala di valori di un popolo ormai non più degno di questo titolo che deve ricostruire sulla base della sua antica e recente storia una vera identità culturale nazionale di cui è parte fondante la nostra Costituzione da attuare finalmente in modo complessivo e definitivo. Tutto questo ed altro fa parte dei nostri compiti che dobbiamo iniziare a diffondere fino da adesso come Partito utilizzando il nostro congresso come punto fondante di ricostruzione della nostra forza politica , dei suoi obiettivi e dei suoi ideali decidendo solo alla fine della discussione una coerente politica di alleanze che non devono in alcun modo essere predeterminate.                            

Marcello Buiatti

Ascolta l'intervento all'assemblea ( da Radio Radicale )

(Contenuto rilasciato conlicenza Creative Commons attribuzione 2.5)

martedì 22 ottobre 2013

Lettera aperta di Renato Accorinti


Lettera aperta di Renato Accorinti a Marco Filippeschi

Egregio Sig. Sindaco di Pisa,
spero di avere presto l’occasione, in un periodo così difficile per il nostro Paese, di venire in Toscana per incontrarla e conoscerla personalmente: da tempo le nostre due città sono unite da un prezioso vincolo umano, offerto dalla folta comunità di messinesi – studenti, lavoratori, intellettuali – che ha abitato e abita tutt’ora tra i bei lungarni della città da lei amministrata. Mai come oggi credo sia davvero necessario che gli amministratori degli Enti locali interloquiscano e discutano, anche al di là degli steccati politici, dei problemi che la crisi economica sta creando ai nostri Comuni, così come delle risorse di democrazia e di impegno che è possibile attivare per creare nuovi circuiti di partecipazione. Ed è con questo spirito di profondo servizio verso una idea di democrazia davvero condivisa e verso una idea di giustizia sociale che con sempre più difficoltà riusciamo a vedere realizzata nelle nostre città, che ho abbracciato da qualche mese la difficilissima “professione” di sindaco di Messina.
L’occasione di scriverle mi è data, purtroppo, dalla cattiva notizia ricevuta in queste ore, con la sentenza del Tribunale di Pisa con cui si predispone il sequestro immediatamente esecutivo del cosiddetto “ex-Colorificio” e la conclusione impietosa di quella straordinaria esperienza dei “beni comuni” denominata appunto “Municipio dei Beni Comuni di Pisa”.
Seguo da tempo, e con grande interesse, le esperienze di pratica dei “beni comuni” che sono sorte negli ultimi tempi in Italia e nella Sua città in modo particolare: a mio avviso, e so di condividere in questo l’opinione di illustri giuristi quali Ugo Mattei, Paolo Maddalena e Stefano Rodotà, così come di un intellettuale di primo piano quale Salvatore Settis, e, più di recente, dello stesso Consiglio d’Europa, la capacità di gestione e di innovazione sociale, politica, ma anche economica, prodotta dal “Teatro Rossi Aperto” e, appunto, dal “Municipio dei Beni Comuni” costituisce un faro luminoso nel difficile percorso di creazione di una “terza via” tra privato e pubblico, così necessaria oggi alla società italiana e alle nostre città. Da Pisa a Messina, da Roma a Napoli, a Venezia, interi spazi abbandonati da Enti Pubblici o da privati senza scrupoli sono stati recuperati e aperti nuovamente alle nostre comunità urbane dalla libera iniziativa e da settori di cittadinanza attiva: creando centri di aggregazione e di socialità laddove vigeva la sporcizia e l’indifferenza, i cittadini hanno riscoperto modi nuovi di stare insieme e di riscoprire il gusto di una democrazia non semplicemente formale, ma davvero concreta, partecipata.
Conosco fin troppo bene le difficoltà che una Amministrazione pubblica ha oggi di fronte alle sperimentazioni di nuove pratiche di diritto, in special modo di quelle che toccano l’inviolabilità delle proprietà. È però anche vero che la nostra Costituzione dà a noi amministratori non soltanto un compito di semplice gestione contabile dell’esistente, ma di vera e propria direzione politica: e i “beni comuni” costituiscono oggi, da questo punto di vista, un terreno inaggirabile per chi, come noi, ha intenzione di rendere più ampie le maglie delle nostre democrazie locali, nel solco tracciato dai Padri Costituenti e dal sangue dei partigiani. Per troppo tempo, è venuta a mancare la percezione di quella utilità sociale della proprietà privata sancita dalla Costituzione: ecco, è di questa utilità che noi sindaci dobbiamo farci interpreti e garanti.
Con la presente, intendo pertanto esprimerle, a nome mio e di tutta la Giunta della Città che mi onoro di rappresentare, Messina, il più profondo rammarico per la decisione con la quale il Tribunale di Pisa sottrae alla città di Pisa uno dei suoi “beni comuni”: col rispetto dovuto alle sentenze, mi auguro che si possa trovare una rapida soluzione per la continuazione di una esperienza di democrazia che tanto ha insegnato e tanto ha certo ancora da insegnare a tutti noi. Quando si spegne un fuoco di democrazia in una città non è solo quel fuoco a spegnersi, ma è l’intera città a essere un po’ meno luminosa: Pisa, con le sue esperienze di “beni comuni”, ha illuminato un po’ tutta l’Italia, ed è tutta l’Italia, l’Italia migliore, che oggi è vicina a lei e a tutta la tua città di Pisa. Per tornare a condividere, ancora, di nuovo, lo splendido percorso che Pisa, con il “Municipio dei Beni Comuni” e il “Teatro Rossi Aperto”, sta indicando a tutti noi.
Con i più cordiali saluti
Renato Accorinti
(Sindaco di Messina)

Documenti congresso SEL


Documento congressuale della presidenza (1):


Note:
(1) Come previsto Regolamento Congressuale, il documento della  presidenza è emendabile. Viene sottoposto all'assemblea nazionale che può emendarlo con il voto favorevole della maggioranza assoluta degli aventi diritto

Renzo Ulivieri. Una riflessione politica in vista del Congresso

Care Compagne e cari Compagni,
Vorrei riprendere così, dopo 4 mesi nei quali sono successe molte cose ma che nella sostanza nulla è cambiato.
Semmai, ma è una mia impressione, c’è stata una progressiva perdita di fiducia e una progressiva stanchezza da parte di uomini e donne di sinistra, come se quello che sta accadendo fosse ineluttabile.
Mi riferisco anche a noi di SEL: nonostante la presenza in parlamento e nonostante la passione, la capacità e l’impegno dei nostri parlamentari.
Nell’ultimo post, quello del 6 Giugno ma anche in altre occasioni, sostenevo la necessità di cercare uno “spazio vasto” dove ritrovarci e dove portare la nostra cultura e le nostre esperienze di sinistra.
Senza preconcetti.
E da quello spazio riprendere un cammino insieme.
Era uno degli obiettivi di SEL, forse il più importante. Colpevolmente non abbiamo fatto nulla: per poca voglia di affrontare questo problema, per aver guardato dalla parte sbagliata quando abbiamo pensato di rimescolare la nostra cultura, per poca propensione a confrontarci con chi la pensava diversamente da noi.
Affaccendati come eravamo a darci un aspetto, a cercare una visibilità (che non abbiamo trovato), a cercare un rapporto con i 5 Stelle (con il Buzzurro), o con il PD o con il Monello (che ha occupato le TV e ancora non ha detto nulla).
Allora occorre di nuovo porsi la domanda, la madre di tutte le domande: “c’è bisogno o no della Sinistra? C’è bisogno o no di un pensiero di Sinistra? Se la risposta è NO, se hanno ragione Veltroni o D’Alema o Letta, se ha ragione Vendola quando dice che preferisce Renzi ai vecchi comunisti (caro Nichi, tra quei vecchi comunisti c’erano tantissime persone perbene, di valori, di ideali; tantissimi che hanno dato molto, talvolta anche tutto, per il bene comune), allora si chiude qui.
Se invece guardiamo l’ingiustizia che aumenta, la povertà che dilaga e divora la democrazia, lo stato sociale quotidianamente disintegrato, il principio di eguaglianza calpestato, allora la risposta è una sola: “SI c’è bisogno della Sinistra e del suo pensiero”, “SI c’è bisogno della Sinistra e della sua visione della società”, “SI c’è bisogno della Sinistra e della sua idea di civiltà”.
È di questi giorni: “L’America chiude, finiti i soldi per i servizi. I Repubblicani: “Sì ai fondi se Obama cancella la riforma sanitaria”. Provo a tradurre: se i poveri si ammaleranno, dovranno morire.
Ripongo di nuovo la domanda: “C’è bisogno o no della Sinistra e di un pensiero di Sinistra?
SI, c’è bisogno: in tutto il mondo.
Ancora una volta si pone il problema di quale Sinistra.
Io credo che la sinistra di oggi, frantumata, squinternata, divisa, non possa svolgere la sua missione.
Questa sinistra non serve e non è riconosciuta.
Nel momento della fine di Berlusconi (questa volta è vero, ma purtroppo non è ancora finito il Berlusconismo), la destra prova a riorganizzarsi: “Un grande giorno per i moderati”, “Un passaggio importante per la costruzione di una destra credibile, europea”.
Si è rivisto anche Casini.
Se pensano a una semplice operazione di riciclaggio, sbagliano, però con il tempo è possibile che ce la possano fare.
E noi? Abbiamo perso tempo, troppo, ma ne abbiamo ancora, non tanto, ma per fortuna in misura sufficiente.
Alla condizione che si riesca a capire questa fase della storia, difficile, dura, ma favorevole, e che si facciano le scelte giuste. Perché è finito il tempo nel quale la Sinistra si può permettere di baloccarsi, di vivacchiare, di traccheggiare, di cazzeggiare.
C’è chi, come me, sta in un partito che galleggia tra il 3% e il 4%; c’è chi sta in altri partiti che galleggiano fra 1% e il 2% quando va bene; c’è chi non si riconosce più in nessun partito di sinistra; c’è chi si è perso nel PD e coltiva l’illusione di poter spostare la rotta di questo partito; c’è chi si è intruppato nei 5 STELLE; c’è chi non partecipa più a nulla; c’è chi, deluso, non va più a votare.
E poi, c’è la Sinistra del sogno e quella del possibile, c’è quella che è dentro i movimenti, c’è la Sinistra che è dentro a chi ha ancora sete di giustizia sociale e di eguaglianza, c’è la Sinistra che è dentro i lavoratori, i disoccupati, i pensionati, gli esodati, i cittadini che vivono sotto la soglia della dignità, i poveri, i poveri poveri, i senza speranza.
E c’è anche la Sinistra di chi ha meno problemi ma che vorrebbe vivere in un altro tipo di società.
Questo è un popolo, un grande popolo. Che non pensa a un accordo o a una sommatoria fra 2 o 3 o 4 partiti (esperienza già fatta). Non si fiderebbe.
È un popolo che non ha voglia di molti distinguo ma che vorrebbe di proprio pugno scrivere una pagina nuova: la storia di una Sinistra unita che sia punto di riferimento per tutti.
Questo popolo pensa a uno “spazio vasto” dove approdare.
Ma l’approdo dovrà essere fatto con umiltà e con “delicatezza”, senza che nessuno abbia la presunzione di alzare il dito e dire: “ora ve lo spiego io”.
Noi di SEL stiamo preparando il congresso; c’è una mozione che pare interessante: “apriti SEL”.
Temo che non funzionerà; ci potremmo anche aprire, ma gli altri non verranno. Perché prevarrà la diffidenza e perché, giustamente, vorranno pagine bianche e non pagine già scritte.
A Noi di SEL, che siamo in Parlamento e che abbiamo numeri relativamente più alti, forse spetta una scelta di grande coraggio e di grande generosità: scioglierci per primi in quel “grande spazio” che è LA SINISTRA.
Che non ha bisogno di aggettivi o nomi intorno, e nemmeno di sostegni o puntelli.
Se nessuno verrà in questo spazio, e non ci credo, se tanti penseranno al proprio orticello o alla propria posizione, e non ci credo, se ci sarà ancora diffidenza, ma non ci credo, allora non se ne farà di nulla. Avremo fallito.
Ma andare avanti così non è un fallimento? Almeno ci avremo provato, e allora, solo allora, potremo dire che la Sinistra non c’è più.
Non esiste l’ipotesi di fallimento.
Ho fiducia e anche entusiasmo. Ora più che mai. Perché c’è anche il risveglio dei popoli.
E noi in quel momento dovremo esserci.

Renzo Ulivieri

da http://apritisel.wordpress.com