lunedì 4 novembre 2013

Botta e risposta Pasquino-Danti sull'Ex-Colorificio

Ecco l'intervento integrale di Dario Danti (dal suo Blog) in replica all'articolo de L'Huffigton Post di Monica Pasquino ( Leggi )

Una risposta dovuta a Monica Pasquino sulla vicenda #excolorificio
“Guarda il mondo con i tuoi occhi”: ovvero che bisogna essere critici e farsi un’idea precisa delle cose a partire dalla propria autonomia e radicalità (nel senso marxiano di andare alla radice dei problemi). Io l’ho sempre intesa così, non come guardare con gli occhi di tutti gli altri: anche perché la rete è libera, tutti possono aprire la pagina del mio blog, anche il padrone di una multinazionale e coi suoi occhi non mi interessa guardare…
Farsi un’idea precisa, dicevamo. Evidentemente Monica Pasquino, vicina nel sodalizio politico ma lontana nella conoscenza delle questioni, parla per sentito dire e con toni molto accesi: Danti ha giurato “fedeltà assoluta” a Filippeschi, “Dario Danti e Sel a Pisa vanno a rimorchio del Pd”. Luoghi comuni, che aumentano nelle considerazioni di altri che intervengono sulla rete con giudizi netti e sentenze lapidarie: “la svolta tremendamente a destra di Danti”, no (corregge un altro) “al centro”;  “Sel esprime solidarietà mentre i suoi delegati in giunta scompaiono”. E ancora: “Ma lui, seduto lì nella sua bella poltrona…”; “tegami di destra”; “sei un bel paraculo e tu saresti di sinistra?”; “Facile fare come Ponzio Pilato”; “l’atteggiamento di Dario è stato allucinante per tutti”; “voi non guardate oltre la vostra poltrona, voi prendete solo uno stipendio. E questo vi basta. Che tristezza”; “Dario vergognati!!”. “E comunque, il nome Rebeldia, chiedete all’assessore da dove e da chi vien fuori”.

Rebeldìa
Era la rivista degli zapatisti, tradotta in italiano e allegata al quotidiano di Rifondazione comunista, Liberazione. Un gran bel nome come proposta, accettata. Correva l’anno 2003. Citare quell’anno e poi cullarsi in un vuoto temporale di 10 non è il massimo per una blogger (che comunque ringrazio per una ricostruzione sommaria, ma puntuale e corretta, della mia biografia personale e politica).
Nel 2003, a seguito dell’esperienza dei disobbedienti e del blocco dei treni della morte contro la guerra in Iraq, occupiamo uno stabile dell’Università (ex-Asnu di via Emanuele Filiberto), poi sgomberato a seguito di naturale denuncia della proprietà. Si susseguono altre occupazioni, fino alla scelta, da parte dell’amministrazione guidata dal Sindaco Paolo Fontanelli, di concedere a Rebeldìa (ora diventato “Progetto” con oltre 30 associazioni) degli immobili situati in via Cesare Battisti: correva l’anno 2006. In questo caso c’è un regolare contratto di comodato: lì c’è scritto che la destinazione per il Progetto Rebeldìa è temporanea (un anno circa), perché in quell’area sarà realizzato il Progetto Sesta Porta (un terminal bus che si integra con la stazione dei treni più altri servizi per la città). Pacta servanda sunt, dicevano i latini. Scaduto il contratto si apre un vero e proprio braccio di ferro – segnatamente con la nuova amministrazione comunale guidata da Marco Filippeschi – per la liberazione degli spazi a causa dei lavori programmati. Nel frattempo sono vari i luoghi presi in esame per una soluzione alternativa: via Saragat, via San Jacopo, via Filiberto, via Andrea Pisano. Nel febbraio 2011 il Progetto Rebeldìa lascia gli immobili di via Battisti con la prospettiva di una nuova casa in via Andrea Pisano.
Gli spazi di via Andrea Pisano sono tutti da ristrutturare e rendere agibili. Occorre anche una variante urbanistica che il Comune s’impegna a fare per destinare quell’area a uso sociale-associativo (le varianti non sono cattive in sé…). L’amministrazione comunale non è favorevole all’assegnazione diretta: una manifestazione d’interesse prima e un bando pubblico poi sono le forme individuate per la destinazione di quegli immobili. Entrambi vanno a vuoto. Peraltro su manifestazione d’interesse e bando sono quattro gli enti (Comune, Provincia, Università e Azienda per il diritto allo studio) che s’impegnano a mettere a dispostone 60.000 euro (15.000 a testa) per 5 anni (300.000 totali) per contribuire a rendere agibili/fruibili quegli spazi.
In questa vicenda non ho condiviso la scelta di Rebeldìa di non partecipare a nessuna delle due modalità individuate dall’amministrazione comunale per l’assegnazione di via Andrea Pisano.

Ex-Colorificio 
Senza una sede da più di un anno e mezzo, Rebeldìa, con una moltitudine di altre realtà, e il Municipio dei Beni comuni, il 20 ottobre 2012, occupano/liberano l’ex-colorificio toscano di proprietà della multinazionale JColors, che – nel tempo – ha delocalizzato la produzione fino a dismettere completamente il sito pisano.
Un’area abbandonata all’incuria e al degrado da troppo tempo. Un’area in mezzo alle case e adiacente a un camping. Un’area a poche centinaia di metri dalla Piazza dei Miracoli. Un’area che meriterebbe un sopralluogo dell’ARPAT e, necessariamente, un’accurata bonifica.
Credo che in quell’area le associazioni e le singolarità che vivono l’esperienza dell’ex-Colorificio liberato hanno prodotto in tutto questo tempo cultura, socialità, aggregazione e partecipazione. Questo lo penso “senza se e senza ma”, come si diceva un tempo. Sinistra Ecologia Libertà e il sottoscritto l’hanno detto da subito e lo sostengono da sempre: mettere in dubbio questo giudizio, più o meno velatamente, ogni volta che se ne presenta occasione è sbagliato. Comunque, a scanso di equivoci, ribadisco anche in questa nota il giudizio positivo sopra espresso e il riconoscimento politico pieno di quella esperienza.
Penso che all’ex-Colorificio liberato si sia ingaggiata una “battaglia” politico-culturale su un tema decisivo per l’oggi e per il domani: quello dei beni comuni. Ora, su questo aspetto c’è un confronto aperto e in divenire (non solo in Italia): io credo che tutto e il contrario di tutto non possa essere appellato come “bene comune”. Sicuramente, come dicevano gli antichi, “acqua, aria, terra e fuoco” sono beni comuni. Inoltre, il tema “proprietà collettiva” contro “proprietà privata”, così come il dibattito fra “legale” e “legittimo”, così come fra obbedienza alle leggi e disobbedienza civile per costruire nuove forme di legalità, sono temi a me cari, patrimonio della mia storia politica e personale (forse per questo motivo sono stato indicato da più parti come “l’Assessore competente”).
Occupare una proprietà privata, necessariamente, porta con sé la reazione di chi è il proprietario privato: JColors nello specifico. Come è sempre avvenuto nella storia delle occupazioni, il proprietario vuole rientrare in possesso del “suo” bene (anche se vige una situazione di degrado e incuria al limite della legalità). Si è rivolto alla magistratura che ha emesso la sentenza che conosciamo (personalmente non ho mai creduto alle “vie giudiziarie al socialismo”).

Le istituzioni
Il consiglio comunale, in data 1° agosto, ha preso impegni chiari e concreti per provare a risolvere positivamente la vicenda, soprattutto per evitare lo sgombero. Si legge nel dispositivo finale della mozione approvata: “promuovere ogni iniziativa possibile, come ad esempio un incontro fra le parti, al fine del raggiungimento di un’intesa e di una risoluzione pacifica tra la proprietà e le associazioni, nel pieno rispetto della legalità e dei valori sociali espressi dalle attività delle associazioni stesse”. Si parla, allo stesso tempo, di “pieno rispetto della legalità e di “valori sociali espressi dalle attività delle associazioni”.
Questa mozione è stata approvata da tutte le forze politiche, compreso il gruppo consiliare “Una città in Comune – Rifondazione Comunista” i cui due consiglieri sono fra i protagonisti dell’occupazione dell’ex-colorifico.
Ho ricevuto, a nome e per conto dell’Amministrazione comunale, una delegazione dell’ex-Colorificio liberato il giorno dopo ferragosto. Successivamente, il Sindaco ha fatto due incontri separati: uno con la proprietà, l’altro con gli occupanti (prima dell’emissione della sentenza). Un tavolo si fa in due (tre, con la mediazione del Comune) se le controparti si vogliono sedere alla pari e con uno spirito costruttivo e positivo. A fine agosto la multinazionale JColors ha deciso di andare avanti per via giudiziaria e non ha voluto sedersi al tavolo con l’ex-Colorificio liberato neanche con la mediazione del Comune. Chi ha una certa storia politica alle spalle, ma anche chi non ce l’ha, sa che le multinazionali non sono proprio degli agnellini. JColors non vuole legittimare politicamente l’ex-Colorifico liberato.
A inizio ottobre ho visitato, con gli amministratori del mio partito e il deputato Nicola Fratoianni, l’area dell’ex-colorifico. Ci hanno accolto un lunedì mattina alle undici in una dozzina di attivisti e ci hanno fatto fare un giro per i locali illustrandoci tutte le attività che si svolgono in vari orari del giorno e della sera. Successivamente, la delegazione di Sinistra Ecologia Libertà ha incontrato sia il Questore che il Sindaco di Pisa mettendo in evidenza il rischio concreto che l’ex-Colorifico liberato correva: l’imminente sgombero, con la conseguente cessazione delle numerose e splendide attività delle associazioni. In quegli incontri il tema di un tavolo interistituzionale è stato affrontato e condiviso come soluzione da praticare dopo il sequestro dello stabile, soprattutto per favorire la presenza della proprietà al fine di trovare davvero una soluzione condivisa. In quegli incontri la richiesta esplicita di SEL è stata anche quella di non procedere a sgomberi forzati e coatti, violenti insomma. Chi li ha vissuti sa che sono terribili: il mio primo sgombero da un immobile occupato è avvenuto all’età di 17 anni, all’alba, con conseguente spostamento in autoblindo fino alla Questura, con tanto di foto segnaletiche e presa delle impronte digitali (e mamma che ti deve venire a ritirare come un pacco postale perché minorenne).

Lo sgombero
Dal 1994 ne è passata di acqua sotto i ponti. Per fortuna lo sgombero dell’ex-colorifico, sabato 26 ottobre, è avvenuto in un clima pacifico e collaborativo. Con decine e decine di persone, giunte anche da fuori città, che fin dalle prime ore del mattino si erano ritrovate per fare tantissime attività. Uno sgombero coordinato e contrattato, con poliziotti dal volto umano e sorridenti. Addirittura con la diretta radio in streaming fino al tardo pomeriggio.
«In occasione dello sgombero nessuno ha pensato che l’intervento del sindaco potesse essere risolutivo rispetto al sequestro dello stabile, ma che la sua presenza sarebbe stato un segnale positivo per meglio predisporre le parti ad avviare un confronto post sgombero» (Il Tirreno Pisa, 1 novembre 2013). Mi pare che questo concetto espresso dagli esponenti del Municipio dei Beni Comuni metta fine alle polemiche su presenza/assenza degli amministratori pubblici allo sgombero; del resto, quanto detto, trova conferma nell’sms spedito dal Questore allo stesso Sindaco proprio nella mattinata di sabato: «Oggi, ovviamente, nessun tavolo è lontanamente immaginabile da parte nostra». Purtroppo, era stata fata girare una voce un po’ bizzarra nella mattinata di sabato 26: il Sindaco avrebbe potuto far cessare lo sgombero (con o senza la presenza fisica); dunque, il Questore era disponibile a rinviare il tutto se solo il Sindaco avesse dichiarato fattibile il tavolo interistituzione. Questore buono contro Sindaco cattivo? Una caricatura, insomma.
Del sottoscritto si è detto di tutto e di più: che mi sarei negato al cellulare, dato alla macchia, che ero blindato in Comune a fare riunioni inutili, che sarei stato richiamato e tirato per le orecchie (senza esito alcuno). Io ho telefonato ai militanti dell’ex-Colorifico liberato per incontrarli nel pomeriggio di sabato 26, oppure la domenica, o nel lunedì successivo, proprio per manifestargli a nome dell’Amministrazione comunale la volontà di fare il tavolo interistituzionale: mi è stato detto che lo sgombero andava per le lunghe e quindi che dovevo andare sul posto. Poi la manifestazione sotto il Comune a sgombero ultimato, con un corteo che urlava per la città: “se il Danti non viene da noi, noi andiamo da lui” (o una roba del genere).

Una soluzione
Un tavolo interistituzionale, con tutti i soggetti preposti, deve essere messo in campo. Dico di più: sarebbe fondamentale avviare un ragionamento di “urbanistica partecipata” sull’area dell’ex-colorifico di via Montelungo, fuori da logiche speculative, avvalendosi anche degli strumenti che la nuova legge regionale sulla partecipazione mette in campo. Che sia tutta la città ad esprimersi. E ognuno faccia la sua parte.

Dario Danti

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