martedì 19 novembre 2013

Un atto d'amore incompreso?

di Ettore Bucci, pubblicato sul suo blog.

Alla fine di gennaio 2014 si terrà il congresso nazionale di Sinistra Ecologia e Libertà.
Fra il 22 e 23 novembre, a Calcinaia, si riunirà il congresso federale di Pisa.

Quando nell'agenda ti casca l'occhio su questi appuntamenti e sei una persona impegnata da anni nelle forze politiche o nelle organizzazioni sociali, provi un certo interesse. 
Anche delle emozioni. Finanche entusiasmo.

Poi, se hai un minimo di lucidità, poggi i piedi per terra, spingi il naso oltre il portatile e vedi le facce che ti stanno intorno. Ragazzi che scorrono rapidi le pagine di un esame per confermare una borsa di studio. Ricercatori con un sorriso scanzonato ma che sai perfettamente dovranno fare i salti mortali per non restare nel perimetro della precarietà a vita. Semplici disinteressati. Quello lì che mi fa le pulci ogni volta che gli consegno un volantino in carta non riciclabile. E quell'altra con cui -maremmamaiella!- devo prenderci assolutamente un caffè. Per parlarci di politica, beninteso.

Con i piedi e la testa nella realtà. Per provare, come mi consiglia quella movimentista di Tiziana, a non essere politicista. Il che, detto da una neo-movimentista...

Se cominci a esulare dalle filastrocche di Nichi e t'immagini che senso possa avere la militanza politica per chi ti sta intorno e prova anche la più grande indifferenza, forse caschi nello scoramento. O, almeno, provi a tacere un po'. Perché, fino agli anni Ottanta, aveva senso il Partito che veniva da te a “insegnare”. Adesso, sono le persone a scegliere di dare o non dare qualcosa ad una esperienza collettiva.

Lasciamo stare per un attimo la sociologia.
A che serve, nell'epoca della post-modernità, la sinistra?
A che serve, in particolare, la sinistra eventualmente organizzata in partito?

Renzo Ulivieri ha portato un contributo apprezzabile e interessante.
Contro ogni idea antistorica di chiudersi in una nicchia identitaria, contro ogni idea minoritaria di assimilarsi in maniera acritica in un indistinto “centrosinistra”, il “compagno Mister” si pone una domanda. C'è bisogno di sinistra?
La bellezza della riflessione è il suo coraggio di rompere le barriere. Di non essere schiavo del provincialismo ma di parlare a una cornice ampia, evitando polemiche spicciole.

C'è aria di sinistra nella vicenda dello shutdown degli Stati Uniti. Il blocco dei finanziamenti al governo federale, imposto dai conservatori (maggioritari in uno dei due rami del Congresso) e che ha spinto al ricatto il presidente Obama: o la fine della riforma sanitaria che ha garantito a milioni di indigenti statunitensi le cure mediche di base o il crollo della macchina amministrativa degli Stati Uniti e l'abisso della bancarotta. Barack Obama, non certo un comunista, ha vinto, tenendo il colpo e chiamando a raccolta i suoi concittadini in una sfida aperta contro l'ineguaglianza, contro l'austerità. I diritti sociali, l'uguaglianza e le pari opportunità costituiscono una concreta possibilità, dunque. Spiegatelo al "nientalista", per favore.

C'è bisogno di sinistra, dopo i durissimi risultati del primo anno di governo socialista in Francia. Malgrado i positivi input lanciati in campagna elettorale e una serie di importanti conquiste (legge sui matrimoni omosessuali, 1 miliardo in più su scala pluriennale alle borse di studio e alla ricerca, agganciamento dello stipendio dei manager di Stato a quello degli impiegati in un rapporto massimo 20:1, riduzione degli stipendi dei politici) l'azione della sinistra di governo traccheggia ed è incerta. I socialisti vengono ormai battuti in ogni confronto elettorale parziale. E non vengono sconfitti dal “centrodestra repubblicano”, ma dal Fronte Nazionale di Marine Le Pen, oggi in testa in tutti i sondaggi. 

Se a questo aggiungiamo il perdurante consenso dei conservatori in Germania e le difficoltà con cui la socialdemocrazia sta provando a incassare un programma comune di governo non del tutto egemonizzato da Angela Merkel -emblematica la vicenda del salario minimo- non possiamo che domandarci: c'è davvero bisogno di sinistra?

Gli eventi ci consegnano alcune riflessioni, fondamentali da assumere affinché l'adesione al PSE non sia solo un comodo apparentamento, la preferenza di un “campo”, magari più organizzato dei Verdi e della Sinistra Europea. Un PSE che ho imparato a conoscere, dall'interno, proprio nel caso francese. Le principali forze politiche del PSE, in testa la socialdemocrazia tedesca, hanno espresso una condotta politica autistica, pavida, tatticista. 
Hanno rifiutato di riconoscere esperienze altre rispetto a sé. 
Ancora peggio, non hanno provato a problematizzare input provenienti da forze pur cariche di limiti come Die Linke o Syriza; quest'ultima, in particolare, non è una esperienza da riprodurre seccamente con tono minoritario, come alcuni esprimono: Syrizia esprime la radicalità ponderata di forze d'alternativa che credono nell'Europa dei diritti, della democrazia e dell'uguaglianza sociale. 
Riconoscere il bisogno di sinistra implica aderire al PSE, dunque, per rompere con l'autismo, aderire importando un patrimonio collettivo importante. 

Nel documento nazionale presentato per il secondo congresso di SEL, Nichi Vendola afferma che il Partito Democratico, che oggi finisce la prima fase congressuale dando una maggioranza relativa a Matteo Renzi, non è il nostro destino. 
Espressione importante. Forse un po' limitata. Dettagliamo. Altrimenti che congresso è?

Morire di tatticismo non deve essere il nostro destino. 

Attraverso la fase congressuale abbiamo l'occasione di acquisire il senso profondo della quotidianità nell'azione politica: anche da qui si può cogliere l'utilità, il bisogno di sinistra. C'è un bivio di fronte a noi: rinchiuderci in avamposti marginali o puntare in alto, sprovincializzando il dibattito, dando linfa alla nostra politica. Come direbbe un meraviglioso compagno come il pisano Stefano Scorrano, rendere il partito un laboratorio collettivo, una casa accogliente in cui praticare democrazia.

L'urgenza di questa speranza è data dalla fase che viviamo. 
Le larghe intese sono il baratro dei rinvii, dei silenzi, delle pacificazioni più inique. Dei finti finanziamenti all'istruzione col DL 104/2013 (“decreto Carrozza”), della sostituzione dell'IMU con l'IVA al 22% e con una tassazione che, come hanno posto i movimenti universitari, graverà su soggetti deboli come gli studenti fuori-sede.
Nell'Italia del 40,1 % di disoccupazione giovanile, io non ho bisogno di Marco Travaglio, degli editoriali di Scalfari, delle lacrime da coccodrillo dopo Lampedusa. Voglio buone idee e il coraggio di praticarle. 
Buone idee come le “sette parole” della campagna nazionale di SEL, “la Strada giusta”. Anche qui, come praticare la buona politica? Prendendo le campagne nazionali e studiarle, applicandole al nostro territorio. Basteranno due esempi.
Piano per il riassetto del territorio e per i beni culturali”. È la chiave di lettura del destino della Sapienza, che può vedere il nostro protagonismo facendo leva sulla nostra presenza al governo della
città. Oppure dobbiamo aspettare altrui uscite pubbliche sulla stampa?
Piano per il finanziamento delle start-up”. Uno dei titoli dei giornali dell'inizio della settimana indica la presentazione attraverso l'Internet Festival di ben 50 start-up, imprese agli esordi dell'attività. Pisa significa polo tecnologico di Navacchio, CNR, Università, Sant'Anna, Scuola Normale Superiore. Come non indicarla come sede preferenziale per capire strategie e mezzi con cui rilanciare l'impresa fondandola su una positiva funzione sociale?

Iniziativa, riconoscimento delle competenze presenti nel nostro partito, responsabilizzazione collettiva rispetto alle campagne perché non si trasformino in una oziosa distribuzione di volantini. E non fatto riferimento alle vicende di #fossabanda ed #excolorificio, quest'ultima ben descritta dal compagno Francesco Biagi.

Dunque, Pisa. Città che ci vede al governo, dopo una fase di travaglio e dibattito. Una fase del passato, con cui chiudere i conti in maniera intelligente, dimostrando di aver imparato qualcosa, così da non essere ostaggi dei fantasmi.

Assumere responsabilità di governo è una espressione che si può declinare in molti modi.

Due sono quelli che preferisco, perché descrivono la cifra della nostra iniziativa, non solo nella Pisa in cui c'è una alleanza di governo, ma anche e soprattutto a livello nazionale, laddove le speranze -politiciste, in buona parte- di Italia Bene Comune sono crollate per ceti dirigenti pavidi e per una tattica definizione di “centrosinistra”. Si parli di “centrosinistra”, di "campo largo dei democratici", di "progressisti" come di “paletti programmatici”, bisogna dirsi chiaramente che o queste formule sono riempite di un contenuto politico qualificante e capace di rendere utile lo strumento di un partito autonomo, o non hanno senso. Sono formule vuote, autoreferenziali e prive di senso quando parli con i giovani che vivono l'inoccupazione o quando ti confronti con chi vive il biocidio nella Terra dei Fuochi. 
Così come non ha senso un partito autonomo.

Due espressioni per declinare la nostra azione? 
Lealtà competitiva. Aggressività pensante.

Una alleanza di governo può essere uno strumento del cambiamento o un mezzo per traccheggiare. Il nostro sindaco, Marco Filippeschi, ha riassunto il programma di mandato 2013-2018 in poche e significative espressioni. Per noi sono precisi impegni, su cui fare riflessione, proposta, confronto.
Crescita di qualità e coesione sociale. 
SEL dice tassazione equa, quando decideremo gli importi delle nuove tassazioni.
Partecipazione e trasparenza. 
SEL dice ampliamento razionale del ruolo e della legittimazione del CTP, gestione trasparente delle aziende partecipate.
Quartieri vivibili. 
SEL dice rifiuti zero e porta a porta. SEL dice no agli spazi inutilizzati, agli immobili lasciati sfitti, in barba alla funzione sociale della proprietà che abbiamo riaffermato con la nostra posizione sull'ex Colorificio.
Città dell'innovazione. Turismo attrattivo e relazioni internazionali. 
SEL dice centralità politica della cultura e del sistema dell'alta formazione, a condizione di un progetto di recupero della Sapienza, di una correlazione fra servizi e presenza dell'università, di responsabilizzazione dei poli di ricerca.

Una forza tranquilla al servizio del cambiamento.
Partito-laboratorio significa studio e proposta, unici strumenti di incisione politica laddove il tesseramento svela le nostre debolezze. Significa metodo, a partire dalle piccole cose, dalla quotidianità. Significa giocare la partita della propria autonomia in maniera intelligente e inclusiva. Perché l'alternativa è non giocare la partita.
Il nostro percorso verso la definizione dell'organizzazione e la programmazione delle sue priorità politiche nel corso dell'anno deve rispondere ai problemi individuati da tempo.

Coordinamento come strumento più esecutivo e articolato per aree tematiche aperte ai non iscritti e deleghe, perché non sia la mera riproduzione, in piccolo, del dibattito assembleare.
Uso consapevole della comunicazione politica.
Auto-formazione sui temi, sui metodi e sulle pratiche della politica, perché rifiutiamo la tuttologia.
Uso accorto degli strumenti di relazione e dibattito informatico, perché le reti sociali non divengano un vuoto sfogatoio fine a se stesso.

Ho imparato da un vescovo pugliese, fondatore di Pax Christi, una frase che ho trovato sorprendentemente nell'ultimo libro di un ex primo ministro socialista francese.
La politica è un atto d'amore. Con finalità e strumenti reciprocamente coerenti.

Questo non implica la riduzione del dibattito all'unanimismo, né tanto meno la riproduzione del dibattito in schemi cristallini e permanenti. Significa dare il proprio personale 100% nello sviluppo della buona politica, impegnarsi a fondo, con argomenti e coscienza, nei dibattiti, con radicalità. Assumendo l'idea della comune prospettiva perché, se non c'è stata una sintesi e abbiamo fatto legittimamente ricorso al voto, dopo questo non ci siano astiose e inutili ringhiate, ma compagne e compagni che si prendono per mano e viaggiano insieme.


Purché non sia un atto d'amore incompreso.

1 commento:

  1. ' terminato ieri sera i due giorni di congresso provinciale pisano di SEL. (
    Ne viene fuori lo spaccato italiano di SEL: un partito con due precisi orientamenti, uno filo PD e uno per un partito autonomo capace di allargarsi e essere riferimento per la sinistra.
    Poi, tra i filo PD, ci sono due correnti:
    "quelli che ....con il PD basta che respiri" e "quelli che... si potesse essere insieme a Civati"

    A Pisa la maggioranza dei quadri del partito è filo PD.
    Noi di San Miniato siamo nella minoranza.

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